Le vie del malinteso sono infinite





Sì sono infinite, soprattutto quando sono sostenute da una volontà di fraintendere o meglio ancora quando un sentimento di avversione porta chi legge a interpretare ogni cosa in chiave peggiorativa e, dunque, a distorcere la realtà per costruirsi una visione di comodo dei fatti a proprio uso e consumo.

Ecco due esempi freschi freschi che possono gettare luce sul funzionamento di questi meccanismi perversi. Poiché sono un inguaribile illuminista spero di poter contribuire alla chiarezza laddove la malafede e l’ostilità producono oscurità e confusione. Ma è del tutto evidente che l’argomentazione razionale nulla può contro ciò che elude la razionalità.

Primo esempio:
Tizio pubblica un video. Poiché mi sembrava che si comportasse in modo scorretto ho definito il video un “televendita” e mi è corsa subito l’associazione a Wanna Marchi che, per chiunque sia cresciuto negli anni ’80, è la quintessenza del televenditore. Dunque ho definito Tizio una “Wanna Marchi”. Un riferimento sarcastico, sì, ma anni luce distante dai banali epiteti escrementizi e sessuali con cui Tizio mi aveva a sua volta ricoperto.
Bene, cosa pensa un fan di Tizio del mio riferimento a Wanna Marchi? Lo considera terribilmente offensivo perché Wanna Marchi, a suo modo di vedere, è stata un “truffatrice” e dunque io avrei inteso dare del “truffatore” a Tizio. È evidente che Wanna Marchi è stata tanto una televenditrice (per tutta la sua carriera) quanto una truffatrice (alla fine della sua carriera): interpretato nel primo senso il riferimento è sarcastico; nel secondo caso costituisce una chiara diffamazione. Si poteva leggerlo in entrambi i sensi, certo, anche se a me il riferimento alla truffa non è nemmeno passato per la testa, ma ovviamente il fan ha automaticamente interpretato in senso diffamatorio la mia uscita in modo da poter cancellare tutti gli argomenti con cui motivavo la mia critica e ridurre tutto ad un’offesa “personale”.

Secondo esempio:
Una persona imperversa sui social network parlando male alle mie spalle. Invito la simpatica signora a smetterla di “complottare” alle mie spalle e la chiamo “Madame Rasputin dei poveri”. Il fan di cui sopra interviene irritato perché la mia sarebbe una battuta “sessista”. Cado dalle nuvole: ovviamente il riferimento a Rasputin alludeva all’idea di “complottare” e ordire “intrighi”, non certo a qualche misteriosa pratica sessuale. Il fanatismo del fan gli impedisce di vedere una cosa che è sotto gli occhi di tutti: come mai ho usato una figura maschile in riferimento ad una donna diminuendo molto l’effetto ironico della battuta? Ma perché in un primo tempo mi erano venute in mente figure storiche di donne “intriganti” come Madame de Pompadour o la Marchesa du Barry…ma proprio per paura di possibili interpretazioni sessiste (nel caso della Pompadour figuriamoci!) la scelta è caduta su un personaggio maschile. Di fronte però al fanatismo del fan ogni precauzione è stata inutile: anche qui si poteva certo interpretare Rasputin come l’intrigante di corte o come il dedito a misteriose pratiche sessuali…ma ovviamente bisognava scegliere l’opzione peggiore per poter gettare discredito sull’autore dell’accostamento (che anche qui almeno aveva usato un po' di fantasia  rispetto alle squallide offese con cui la signora Rasputin mi dipingeva in pubblico).

Ciò detto e con l'umile consapevolezza che la malafede e la fede cieca non si lasciano scalfire da alcuna evidenza contraria, lascio volentieri il fanatismo ai suoi deliri. Ad impossibilia nemo tenetur.

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