Che cos'è l'antispecismo?

L’antispecismo è la teoria e la prassi di lotta allo specismo, quindi per comprendere cos’è l’antispecismo occorre prima avere una nozione di quest’ultimo. Dello specismo si possono dare una lettura “ristretta” e una “allargata”.
La prima deriva direttamente dall’opera di Singer e può essere sintetizzata nell’espressione: “pregiudizio morale basato sull’appartenenza di specie”. Lo “specismo”, in questa prima accezione, si manifesta come attributo di proposizioni morali e conseguentemente delle azioni che a queste si ispirano o che da esse sono giustificate. In poche parole, Singer mostra molto bene come, quando ci chiediamo quale giustificazione morale abbiamo per trattare in modo diverso umani e non umani, ogni argomento morale si riduce (o può essere ricondotto) alla mera apparteneneza di specie.
La famigerata questione dei “casi marginali” (cerebrolesi, infanti) non serve ad altro che a mostrare questo ed è una polemica interamente strumentale. È in realtà del tutto indifferente che si ponga il discrimine morale tra uomo e animale a livello della razionalità, del linguaggio, dell’anima etc. Poiché se anche fosse vero che l’animale non ha, in assoluto, una delle caratterestiche ritenute cruciali per entrare nell’ambito della considerazione morale, ciò significherebbe attribuire lo status di soggetto morale esclusivamente agli esseri che partecipano di questa caratteristica e dunque di fatto agli umani. È la struttura dell’argomentazione ad essere specista, non il suo contenuto. Infatti, parlare astrattamente di “esseri razionali” o “esseri dotati di linguaggio” o “di anima” come degli unici soggetti morali possibili è un’operazione di indebita estensione delle qualità che si riconoscono esclusivamente all’uomo.
La teoria “ristretta” dell’antispecismo mostra in modo inequivocabile come esistano argomentazioni morali “speciste”. Ma non mostra affatto che esista un’entità come lo Specismo. Ciò è affare della teoria “allargata” dell’antispecismo che, a partire dalla natura specista di determinati argomenti morali, sostiene l’esistenza di una attitudine mentale o di un habitus identificabili con lo Specismo. Si tratta di una essenzializzazione che non va da sé (dall’esistenza di argomenti specisti all’esistenza dello Specismo) e che presenta difficoltà già a livello logico, soprattutto quando dello Specismo, cioè del risultato di un processo di astrazione dai casi particolari, si fa la causa di questi stessi casi particolari. Come a dire: gli argomenti specisti esistono perché c’è lo Specismo. Lo Specismo, in questo senso allargato, può essere definito in vari modi: la riduzione degli animali a cose, l’assunto che l’uomo è il centro dell’universo o che gli abbia comunque il primato su ogni altro essere vivente. Generalmente lo specismo in questo senso diventa un sinonimo di “antropocentrismo”.
Esiste, infine, una versione ulteriormente rozza dell’antispecismo che considera lo Specismo, inteso come habitus morale, la causa dello sfruttamento e della violenza sugli animali e che quindi compie un passaggio ulteriore, poiché non deriva semplicemente gli argomenti morali specisti da una qualità che è a sua volta derivata da essi, ma di questa qualità – essenzializzata e resa un’entità autonoma – fa addirittura la causa delle prassi reali di prevaricazione sull’animale. Con il risultato che tutta la storia della civiltà, testimoniando costantemente di tale prevaricazione, diventa una manifestazione dello Specismo. Il che non è scandaloso di per sé, se non fosse che tale criterio interpretativo si mostra del tutto incapace di spiegare la complessità della storia reale. Definisco tali derive dell’antispecismo forme di antispecismo metafisico.

(tratto da M. Maurizi, "Cos'è l'antispecismo?" su Liberazioni.org)

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