L'immagine brucia

L’immagine brucia. Brucia del reale a cui essa si è, per un momento, avvicinata…Brucia del desiderio che la anima, dell’intenzionalità che la struttura, dell’enunciazione, e persino dell’urgenza che manifesta…Brucia della distruzione, dell’incendio che ha rischiato di polverizzarla, da cui è scampata e di cui, perciò, essa è oggi capace d’offrire ancora l’archivio e la possibile immaginazione. Brucia del bagliore, cioè della possibilità visiva aperta dal suo stesso consumarsi: verità preziosa ma passeggera, poiché destinata a spegnersi (come una candela ci illumina ma, bruciando, si distrugge). Brucia dell’intempestivo movimento, incapace com’è di fermarsi una volta in cammino….Brucia della sua audacia…Brucia del dolore da cui viene e che procura a chiunque si prenda il tempo di attaccarvisi. Infine, l’immagine brucia della memoria, vale a dire che essa brucia ancora, anche quando non è più che cenere: come a dire la sua essenziale vocazione alla sopravvivenza, al malgrado tutto. Ma, per saperlo, per sentirlo, bisogna osare, bisogna avvicinare il nostro viso alla cenere. E soffiare dolcemente perché la brace, al di sotto, ricominci sprigionare il suo calore, il suo bagliore, il suo pericolo. Come se, dall’immagine grigia, s’elevasse una voce:"‘non vedi che brucio?"

(G. Didi-Huberman)

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